"Il provincialismo " di Raffaele Iannuzzi
Il provincialismo, come l’ideologia, non ha storia
Raffaele Iannuzzi
Il vecchio Karl Marx ne imbroccava anche di buone, come questa: le ideologie non hanno storia. Tradotto per le anime semplici: chi dice che le ideologie sono finite, truffa il popolo, sapendo di truffarlo.
Alla Presidenza del Consiglio, dunque, abbiamo un personaggio che di questo mestiere ne sa fin troppo.
Ma non di questo è utile trattare. Bensì di un “ismo” fra i tanti che, tra la fine del ‘900 e questo primo ventennio del XXI° secolo, stanno infestando l’aria, contrastando duramente il ritornello soft della leggendaria canzone pop, “Love is in the air”. Nell’aria, invece, circolano miasmi di varia natura e l’Ebola è forse la metafora giusta per metterli tutti nel mazzo (la questione è: dove li buttiamo?).
Qualche dato per spaziare e trovare qualche grandangolo più succoso.
Negli USA, la terra del sogno americano, un bel po’ di analisti e certo non catastrofisti o apocalittici (cioè, utili idioti del sistema), stanno ragionando di un’emergenza di non piccolo momento: la middle class, la classe media americana, l’asse portante dell’establishment, sta perdendo colpi a più non posso, e parallelamente i millennials, figli degli ultimi brontosauri di questa middle class, sta prendendo coscienza del nuovo stato di apparente minorità e azionando, di conseguenza, il pilota automatico sul quadrante: artisti non si nasce, ma si diventa. Vedremo in che senso.
Ancora: alcuni catastrofisti della nuova America anti-Obama – come dar loro torto, da un certo punto di vista? – premono l’acceleratore sul quadrante “si salvi chi può”, anche ribattezzato: WARNING!
Se avete tempo e voglia – io ho investito un po’ del secondo, con scarsa eredità della prima -, leggetevi e guardatevi questo materiale: https://rt.com/business/162084-dollar-collapse-monetary-system/.
Fate vobis, ognuno si interroghi e rifletta; per conto mio, le visioni apocalittiche a senso unico, al pari delle visioni tutto-rosa a senso unico, fanno parte dell’area della distorsione cognitiva tutto-o-niente: appunto, una DISTORSIONE cognitiva.
Sono frammenti del presente. Da leggere e inquadrare. Segni di un certo provincialismo? Forse.
Certo è che, fin dai tempi dell’università, cioè nell’era del Pleistocene superiore, avevo drizzato le antenne su certi moti di provincialismo radical-chic provenienti sia da destra che da sinistra e, da buon marxista palloccolosamente aggrappato all’analisi serrata dei “fatti testardi”, questa roba mi sembrava davvero provincia lotta. Che vuol dire? Vuol dire: al servizio dell’unica provincia che si crede “il” mondo intero, vale a dire il Sistema, l’Establishment.
Astratto? Usciamo allora dalla nebbie dei pellegrini dell’ipotesi e vediamo di chiarire qualcosa in merito.
Se il capo del governo di un paese che malauguratamente è imbracato in quella camicia di forza che si chiama UE afferma che l’Italia uscirà fuori dal pantano nel quale chi finora ha governato ha infilato a tutta birra, con lo strumento delle “riforme”, è provinciale oppure no? Risposta del tutto parziale dello scrivente: sì, alla grande! E perché? Semplice, anche se forse non facilissimo da afferrare all’inizio, bisogna fare un po’ di allenamento mentale, ma è alla portata di tutti: perché rende l’esigenza dell’attuale classe “digerente” – non ho sbagliato: che digerisce tutto, non che dirige, dunque NON dirigente, casomai ETERO-diretta – un imperativo categorico, un dovere assoluto, vita-o-morte, precondizione di tutto, anche del fatto che io mi alzi e vada al cesso, al mio risveglio, oppure rimanga impaniato nei miei umori sotto le coltri, qualcosa che, in realtà serve soltanto a quel gruppo di falliti e privi di professione accreditabile sul mercato (Ehi, gringo, la machina…vavavuva!) a legittimare se stessi, ad auto-legittimarsi. Operazione che ha una sua – paradosso – “legittimità” tecnica, fior di professoroni del passato, fra cui Mosca, Michels e Pareto, ma già tre secoli prima Machiavelli, l’insigne Segretario Fiorentino, avevano testato e mandato in pista di lancio come cosa buona e giusta, sì, vabbè, ma serve quando esisti e sei massiccio-incazzato, non quando fai ridere i polli e ti gurdi intorno cercando il “selfista” di turno. Uno dovrebbe essere piuttosto un “surfista” dei grandi mari del mercato e della politica mondiale.
Ecco, questo è patetico provincialismo, infatti proveniente da certi presidenti di provincia – nomen, omen – e dintorni. Duole doverlo ripetere perché lo dicono anche dalle parti del Sole24Ore, che non è il nostro foglio di riferimento, ma è così: il mondo è cambiato.
Qualche esempio, forse, gioverà al caso.
- Mario Draghi, mi pare il Presidente della BCE, nell’ultimo discorso (ieri, per la cronaca), ha attaccato la politica che non fa…cosa? Le “riforme”, of course! E i mercati cosa hanno fatto? Semplice: hanno detto no all’euro, stop. Che sta diventando la pietra d’inciampo dei mercati del forex, ormai val più giocare a Dragon Ball anziché investire su questo pseudo moneta bismarckiana priva di appeal e regolatrice di mercati come il luogotenente di campo pensava di esserlo alla presenza di Napoleone. Ecco tutto. Provincialismo? Vedi sopra.
- I capi di questo meraviglioso Paese continuano a lamentarsi come le comari di Windsor e spettegolano sul più bello del reame: l’Italia crolla, cede, è alla frutta, no è alla canna del gas…e gli Italiani che fanno? Semplice: dati alla mano – cfr. Pelanda e il suo bel gruppo di ricerca -: se ne fottono alla grande. Vanno avanti investendo come anarco-capitalisti in un mercato al nero, lavorando al nero, facendo profitti in territori plebei, rioni, segmenti di territorio, condomini, avvitando lampadine a 8 euro all’ora, con pagamento di spese per l’attività, e via andare. Se ne fottono, come sempre, grazie a Dio. Leggete l’articolo di Pelanda di un mese fa su questo punto: noi abbiamo una nostra singolarissima e non provinciale propensione al mercato, nel senso che, se lo stato ci tartassa, ci deruba e vuole massacrarci, noi ci facciamo il capitalismo plebeo: pochi, maledetti e subito, dove si può, con chi si può e come si può. Ecco tutto. Il genio italico è l’artista che è in noi. Questa roba l’ha capita un americano di ingegno, che invito a leggere, buttando alle ortiche tutte quelle minchiate di analisi parapolitologiche pallose che non fanno tirar su manco un euro: leggete, invece, Seth Godin, Quel pollo di Icaro. Come volare alto senza bruciarsi le ali, Sperling & Kupfer, € 16, li vale tutti, ma ci sarà senz’altro la versione ebook al 40% meno, qualche buon discount – che Seth fa sempre, come tutti questi americani grandi e non tromboni, stile italiota provincialotto -, per chi maneggia l’inglese. Investite su voi stessi e fottetevene dell’establishment, noi ce la faremo da soli. Non è un messaggio criptico o uno slogan, è già una realtà di fatto, in tutta l’Italia.
- Mi ringrazierete di certo per questo suggerimento e, non essendo provincialotti, vorrete ringraziarmi, perciò vi fornisco la mia mail: iannuzzi66@gmail.com. Scatta subito il WARNING dopo la decima sillaba scandita con l’esperanto provinciale, soprattutto per gli insulti della tribù dei ggiovani “vecchi”, ma per questo c’è anche lo spam. Buon lavoro a tutti.